Te lo do io Onana

Roberto Beccantini3 dicembre 2023

Zero a tre. Ha perso, il Napoli, per aver cercato di vincere. Ha vinto, l’Inter, dopo aver rischiato di perdere. Penso alla parata-lampo di Sommer sulla sventola di Elmas, alla traversa di Politano. Il missile di Calhanoglu appartiene alle «cose turche» che le lavagne non contemplano ma accettano leccandosi i baffi. Non credo che Mazzarri stia pagando «solo» le scorie del Violinista. Osimhen non è ancora l’Attila di Spalletti e Kvara lampeggia, non acceca più: anche perché gli avversari l’hanno studiato e, proprio per questo, lo accerchiano, lo triplicano.

La partita è stata vibrante, non all’altezza di Manchester City-Tottenham 3-3, ma, come ritmo ed emozioni, più mossa di Juventus-Inter 1-1. I campioni ci hanno provato fino al botta e risposta che, al 62’, ha orientato il destino della notte. Contatto dubbio, in area, tra Acerbi e Osimhen, norma del vantaggio (?), mezzo miracolo dello svizzero (te lo do io, Onana) sul diagonale di Kvara. Palla agli ospiti: Lau-Toro sbircia dalla fascia il panorama e imbecca Barella per uno slalom brignonesco. Da applausi.

Le staffette non modificano lo status quo. Guerrieri come Lobotka e Anguissa avevano ormai dato l’anima. Lo scarto costringeva gli uni a scoprirsi, per forza, e suggeriva agli altri di covare gli attimi, per scelta. E così, di transizione, ecco la ciliegina di Thuram, servito da Cuadrado.

Tre punti e a capo. L’Inter ri-sorpassa la Juventus, 35 a 33, e sbatte il Napoli a 11 punti. Inzaghino già privo di Bastoni e Pavard, ha perso in fretta De Vrij, sostituito brillantemente da Carlos Augusto. Mazzarri, lui, orfano di Mario Rui e Olivera, si era inventato Natan terzino sinistro.

I migliori: Politano (che non avrei tolto) ed Elmas; Sommer, Barella e il capitano. Il risultato può sembrare pesante, ma in contropiede sarebbe potuto addirittura esplodere.

Risultatone

Roberto Beccantini1 dicembre 2023

Al pareggio di Valentin Carboni (classe 2005) avevo cominciato a scrivere: non è sempre Firenze, pensando al catenaccione del secondo tempo (là e qua, in Brianza). E come titolo: da «solida» minestra a solita minestra. Improvviso, il 2-1 di Gatti, su azione rabbiosa di Rabiot, the best. Prima un liscio, poi un destraccio. Gatti che, al 33’, si era mangiato, da un metro, il raddoppio. Gatti, uno stopper in versione centravanti.

E adesso? La Juventus non muore mai è un evergreen: con il Verona, al 96’, aveva segnato Cambiaso. Al netto dell’etichetta, resta un’ordalia di una noia mortale, esplosa dal 91’ al 94’. Con e senza centravanti, il Monza di Palladino (e di un Colpani periferico) ha centrato la porta solo una volta, e in maniera abbastanza casuale: alludo al tiro-cross del Carboncino, un tipo tutto dribbling e faccia tosta.

Bravo, Allegri, a confermare Nicolussi Caviglia; meno bravo, a toglierlo. Se riavvolgiamo il nastro, balza in evidenza l’incipit. Autoritario, come con l’Inter. Lo smash aereo di Rabiot aveva ucciso in culla il doppio miracolo di Di Gregorio sul rigore di Vlahovic (da un abbraccio di Kyriakopoulos a Cambiaso, incursore di turno). L’angolo, per la cronaca e per la storia, l’aveva calibrato Hans il valdostano. Dopodiché, paesi bassi. Molto bassi.

Figuriamoci se Max, alla vigilia, non l’aveva menzionato: la scorsa stagione, con il Monza, zero punti e zero gol (0-1, 0-2). Con tutto il rispetto, un minimo di differenza sarebbe dovuta emergere comunque. Sono sincero: l’ho colta di rado. Non in Vlahovic e, salvo piccoli spunti, neppure in Chiesa. Succede, se miri esclusivamente, o quasi, a difenderti.

La sentenza sposta la classifica (Madama prima per due notti, in attesa di Napoli-Inter), non la filosofia che il popolo peserà sulla bilancia del risultato. E questo è un risultatone. Finché dura.

Montagne russe

Roberto Beccantini29 novembre 2023

Petardi di Champions. Precedenza a Madrid, noblesse oblige. Il Real era decimato, il Napoli no. Eppure: 4-2. Questo è il Bernabeu, questa la differenza. Un’amichevole di lusso, illuminata dal genio di Bellingham. I gol volano come coriandoli di carnevale: subito Simeone (da cross di Kvara e sponda di Di Lorenzo); Rodrygo di saetta (su azione di Brahim Diaz, vice del vice); Bellingham di testa, su pennellata di Alaba e dormita di Natan. Nella ripresa, «telefonata» di Nico Paz alla quale Meret, bravissimo poco prima su Rudiger, risponde male; poi l’ingordo Joselu, imbeccato da un esterno destro di Jude in caduta che bé, insomma, ecco, ci siamo capiti.

Mazzarri ha giocato alla Mazzarri: un po’ di soste ai box, un po’ di sgommate. Osimhen è entrato al 46’. Da Kvara, più baci che dribbling: almeno stavolta. Il migliore, Anguissa: che «scardabagno», il suo gol. Gli innesti di Ancelotti, già: Nico Paz, classe 2004, e Joselu: un Pacione sin quasi alla fine. Decisivo l’errore di Meret, così come – sabato a Bergamo – lo erano stati i piedi di Carnesecchi. Gli episodi, gli episodi. Uffa.

** Benfica-Inter 3-3. Tripletta di Joao Mario, ex di turno, in 34’. Per un tempo, Inter allo sbando: gli otto cambi di Inzaghi, l’orgoglio degli avversari, i resti di Di Maria: tutto quello che vi pare. Non uno che vincesse un contrasto, non uno che avesse un’idea. Nel secondo, scortata da manciate graduali di innesti, la riscossa: Arnautovic, Frattesi, rigorino propiziato da Thuram e trasformato da Sanchez, rosso «varista» ad Antonio Silva, palo di Barella. Insomma: da un quasi disastro a un quasi trionfo. Può essere che gli ottavi in tasca abbiano condizionato l’approccio. Boh. Spiegare il calcio risulta spesso inspiegabile. E allora hanno ragione tutti: evviva.